Ansia e Depressione: Come smettere di assumere farmaci ansiolitici e benzodiazepine

La farmacopea psichiatrica è in perenne espansione. Non siamo qui a demonizzarla e non siamo qui a negarne la funzione sanitaria. Più che altro sembra evidente che troppo spesso si corre il rischio che un farmaco produca una patologia, più di quanto non la curi. Sembra cioè si ribalti il rapporto causa effetto, per cui oggi si inventa un farmaco e solo dopo si ragiona su quale malattia possa intervenire e, se non c’è una malattia, la si inventa e la si aggiunge al manuale diagnostico, specie nell’ambito psichiatrico.

Gli ansiolitici e le benzodiazepine

Non vogliamo demonizzare nulla anche perché molte terapie della parola si fondano su una buona relazione tra psicologo e psichiatra, tra parole e medicine. Vogliamo, però, fare un breve riferimento a quella categoria di farmaci che mostrano il più largo consumo su scala mondiale, gli ansiolitici. La categoria degli ansiolitici, anche dette benzodiazipine, nascono a metà secolo scorso e risultano una sorta di panacea. Trattandosi di miorilassanti hanno come effetto primario una distensione muscolare. Questo a cascata mostra avere effetti sull’ansia, sull’anoressia, sulla performance a scuola, sull’insonnia, sulla depressione, sul panico, sulla cefalea, sull’ipocondria. Insomma un po’ su tutto. Ed effettivamente le benzodiazepine ebbero una larga diffusione fin quando le organizzazioni sanitarie iniziarono a osservarne gli effetti di tolleranza e dipendenza.

Gli evidenti benefici infatti comportano, di contro, lo sviluppo di tolleranza ossia la tendenza dell’organismo ad abituarsi a quella sostanza. Questo induce a un consumo maggiore degli ansiolitici per  avere lo stesso beneficio iniziale. Questo porta spesso a vivere una certa irrequietezza tra un’assunzione e l’altra. Così ci si trova ad anticipare l’assunzione o a condizionare la propria giornata in funzione dell’assunzione. Magari non si va a cena fuori perché si deve tornare a casa per prendere il farmaco. Questo avviene con la percezione che il tutto sia indicato dalla prescrizione medica mentre gradualmente diventa un rapporto personalissimo con il farmaco che inizia ad assumere le fattezze di un rapporto con l’amante. Il tutto è assimilabile a una dipendenza da droghe.

L’indicazione data ai medici di ridurre l’assunzione delle benzodiazepine, comunemente riconoscibili dato che il nome del principio attivo finisce per “Lam” o “pam”, non sempre viene accolta, anche per l’insistenza stessa dei pazienti. Inoltre molti farmaci impiegati per altro contengono benzodiazepine. Ad esempio ci sono farmaci usati per la sindrome da colon irritabile che contengono ansiolitici che, in quanto miorillasanti, inducono un rilassamento muscolare che aiuta  a ridurre i sintomi da colon irritabile.

Dipendenza da farmaci

Dopo un’assunzione continuativa superiore ai tre mesi, si deve dismettere il farmaco, ma con le cautele di eliminarlo gradualmente. Ma, detto fatto, un uso prolungato potrebbe indurre veri e propri disturbi astinenziali. In particolare, trattandosi di farmaci i cui principali effetti sono di rilassare i muscoli, ci troviamo che di fronte all’interruzione del farmaco si vive una tensione muscolare importante a carico di tutto il corpo. Emergono una serie di fastidi neurovegetativi, dalla palpebra che trema a formicolii di ogni sorta. A questo si aggiunga che la disposizione psicologica si riassetta nella direzione dell’ansia, agitazione, irritabilità.

Ecco che improvvisamente il paziente impatta sul fatto che non è più lui a usare il farmaco ma è il farmaco ad usare lui.

Psicoterapia per divezzamento

In questo caso la psicoterapia è indicata. Non solo sarebbe stata indicata in sostituzione o parziale accompagnamento dell’assunzione del farmaco, ma risulta quanto mai necessaria a chi voglia dismettere quella sostanza. Spesso si fa una delega agli ansiolitici. Come lo si farebbe con una compagna o un compagno, si chiede al farmaco di arrivare lì dove noi non riusciamo. Come spesso può accadere di chiedere al proprio marito di parlare col padrone di casa perché per noi questo genera troppa agitazione, altrettanto ci capita di assumere “al bisogno” una “benzo” qualsiasi. Quando si decide di smettere l’uso di ansiolitici significa riassumersi su di se l’onere della gestione delle situazioni ansiogene, ma soprattutto riassumersi su di se la responsabilità di confrontarsi con il proprio limite.

A questo risponde la psicoterapia, alla conoscenza di se, delle proprie ombre, dei propri limiti. La psicoterapia non è il modo in cui affrontare una prova pericolosa, spesso è il modo in cui accettare che quella prova sia al di là della nostra portata. Nell’antica Roma esistevano molti déi, uno di questi si chiamava Dio Termine e tutelava i confini e i limiti dell’Impero. Questo, l’Impero Romano, iniziò a sgretolarsi proprio quando si dimentica di onorare il Dio Termine, i confini,  i propri limiti.

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Dott. Luca Urbano Blasetti

Psicologo Psicoterapeuta

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