Interstellar: un film sul Padre

In vista del prossimo convegno promosso dall’Anima fa Arte, il cui tema sarà appunto il padre, ci sembra che questo film possa dare spunti notevoli sul senso della figura del padre in terapia e su cosa possiamo fare con sogni in cui ci viene a trovare un paterno. Il film è godibile e molto ben fatto. Finalmente il vuoto dello spazio interstellare viene reso con l’assenza di rumori, con quei silenzi che, con la complicità dell’insonorizzazione delle sale cinematografiche di oggi, ci immergono in quel vuoto cosmico facendoci sfiorare da angosce e grembi primordiali.

La trama è semplice ma sempre attuale. La terra, la Madre Terra, smette di nutrire l’umanità. Ormai sterile e sterilizzata la madre è incapace di dare frutti. Allevamenti e colture si estinguono gradualmente. L’uomo decide di trovarsi una nuova Madre e va alla ricerca del pianeta più prossimo alla Terra e più ospitale possibile. Il film piacerà a chi si diletta di fisica quantistica, anche se proprio coloro che si dilettano in tal senso saranno stizziti dalle incongruenze e dall’invida di non avere loro stessi uno spazio per descrivere le loro idee sull’UNIverso. Eppure gli ingredienti ci sono tutti, viaggio interstellare, velocità prossime alla luce e curvatura dello spazio-tempo per rendere merito alla relatività ristretta e generale; un multiverso che rende invece merito al probabilismo della fisica quantistica e strizza l’occhio alle “stringhe”.
Me li vedo lì: Einstein, Bohr, Scrhoedinger, Pauli, Heisemberg che carezza il gatto di Schroendinger, Bell, Dirac col suo mare e tutti gli altri, tutti in silenzio a guardare il film ridacchiando e rimbrottandosi argomentazioni reciproche, stizziti dal fatto che il film, nella sua ingenuità, spinge comunque a riflettere.
Il film, al di la della trama, prevede che vi siano diverse situazioni in cui si deve operare una scelta. Lo scegliere costituisce la spina dorsale del film e lo rende intrigante. La fisica del 900’ ci ha abituato al fatto che nell’atto di scegliere generiamo l’UNIverso, mentre prima di scegliere siamo in un MULTIverso in cui tutte le possibilità sono equiprobabili e ugualmente reali fino a scelta avvenuta. Il film prevede la scelta di partire da parte del Padre lasciando la figlia, prevede di scegliere tra un pianeta e un altro in funzione delle informazioni inviate da precedenti astronauti, il film prevede la scelta, l’”Eresia”.
Eresia etimologicamente significa scelta e Interstellar è certamente un film eretico sia nel senso che tratta il tema della scelta sia nel senso che tradisce il senso comune. L’eresia più grande del film la ritroviamo, però, nella soluzione suggerita per operare una scelta efficace. Nel multiverso delle infinite possibilità il criterio che ci garantirebbe la scelta migliore è, udite udite: l’AMORE. Viene da se che amore ed eresia vadano a braccetto e, per sillogismo, che l’amore tradisce il senso comune. Insomma dopo poco meno di tre ore di proiezione, ci viene rivenduto il vecchio adagio di Tamaro memoria del “va dove ti porta il cuore”!? La mia delusione non riuscirei a celarla e non lo farò. Ero in attesa di grandi rivelazioni e invece la soluzione più semplice è quella vera? Ho imprecato.
Eppure mi sono commosso. Nel buio della sala ho concesso alla prima lacrima di scendere nel momento del saluto tra padre e figlia. Ho volto lo sguardo verso la madre di mia figlia seduta accanto a me ma lei aveva scelto di assopirsi beatamente. “Questo è un film per padri” mi sono detto. Le lacrime non erano però riferite alla Madre Terra ne agli affronti fatti alla fisica quantistica, ne a Eros che lanciava frecce per indicare la via giusta da percorrere. Le mie lacrime erano quelle di Odisseo che lascia la Casa, che lascia la Prole. Odisseo che “sceglie” di partire?
Questo film forse senza volerlo è un film sull’archetipo del padre. E’ un film in cui l’eresia, la scelta non c’è. Come Odisseo non scelse di andare, di partire, di indicare la via per l’”Altrove”, Matthew McConaughey (il nostro Odisseo post litteram) non sceglie di partire. Deve!
L’archetipo, l’immaginario che si attiva ci agisce e qui ci viene suggerita la funzione dell’archetipo del padre. Il padre va via per indicare ai figli la direzione dell’Altrove, la direzione per differenziarsi dalle proprie origini, la via per lasciare il grembo materno (quello della Madre Terra in questo caso). Lo fa con la pena di chi è costretto ad affrontare la solitudine per poter assolvere al suo compito. Lo fa anche per trovare nuovo nutrimento per i suoi figli.
Il tutto con la promessa di tornare. Ma il ritorno del padre, come nell’Odissea, non va inteso come se avvenisse nel concretismo. Il ritorno del padre tratta semplicemente della nascita del padre interiore, è il padre immaginale che torna, come viene ben evocato da Hillman quando ci parla dell’Elefante nel suo Gli Animali del Sogno”. Il buon McConaughey naviga, supera sirene e ciclopi e il tempo per lui si ferma. Viene recuperato nello Spazio dopo aver attraversato un buco nero per rincontrare sua figlia ormai, lei, ultraottantenne e in fin di vita. Lui invecchiato di soli pochi anni si ritrova al cospetto della figlia colma d’amore. Lei lo guarda e comprende di essere pronta al trapasso. Lo osserva e lo vede come lo ricordava ma sembra che solo lei si accorga della sua presenza, in molti sono intorno al letto ma solo lei lo guarda e lo riconosce proprio perché corrisponde all’immagine che ne aveva conservato.
Il ritorno del padre è allora solo immaginale? Il padre ci siede accanto mentre trapassiamo, mentre affrontiamo il passaggio da una fase di vita a un’altra. Il padre ci protegge, ci da forza, la vis, e ci ricorda che si può morire e trasformarsi.
Allora Eros, Amore, è alla base della scelta che nel multiverso ci spinge a optare per la via indicata dal padre, ossia quella di farsi possedere dall’archetipo che ci chiama. Questo è il messaggio del film ma l’amore, secondo noi, è un buon criterio se è inteso come amore per l’archetipo che ci chiama. Il mondo degli archetipi è il multiverso, scegliamo l’archetipo a cui darci e da amare, scegliamo l’universo da vivere in un dato momento.
Il film è lungo e io, padre di due figli, vi dico che al di là di tutte le elugubrazioni, mi sono commosso e ho a lungo riflettuto sui miei “pargoli” nei giorni successivi. Li ho osservati con più attenzione e rispetto. Ho ripensato al film e al fatto che la figlia diviene madre lei stessa di suo padre, superandolo in età, esperienza e saggezza. Poi, seduto sul divano, ho sentito una carezza materna di mia figlia e ho pensato: ti indicherò la via che mi hai detto indicarti.

Dott. Luca Urbano Blasetti

Psicologo Psicoterapeuta

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