Dipendenza e tossicomania: Definizione e cura

Dipendenza e tossicomania: Definizione e cura

La dipendenza è un fenomeno diffusissimo. Chiunque stia leggendo questo articolo è dipendente da qualcosa. Ma distinguere la dipendenza dalla tossicomania è necessario per comprendere come rapportarsi con un fenomeno così in espansione. Cerchiamo quindi di dare una definizione e una cura ossia di spiegare come si può approcciare a una sofferenza psichica di questo tipo.

Definizioni e etimologie Tossicodipendenza

È importante separare il termine tossicomania dal termine dipendenza per comprendere meglio le sfaccettature di una condotta tanto diffusa. La parola dipendenza rinvia all’essere appeso, al trovarsi in una condizione simile a quella di un animale che ha messo un piede in fallo in una trappola e, che più si dimena cercando di liberarsi, più fa stringere le maglie della fune intorno alla sua caviglia. Il termine inglese impiegato per dipendenza è “Addiction” e rinvia alla pratica dello strozzinaggio. Chi è addicted si torva in un rapporto con la sostanza che è lo stesso che si instaura con uno strozzino. Più si cerca di sanare il debito e più se ne contrae uno nuovo.

Droghe naturali, di sintesi e farmaci che creano dipendenza

La parola tossicomania ci rimanda invece all’uso maniacale, continuativo, diffuso e fuori controllo di sostanze chimiche che hanno il potere di attivare i recettori del piacere. La componente chimica esterna nella tossicomania è fondamentale. Esistono una quantità infinita di chimiche che hanno questo potere. Oggi la vecchia eroina e con lei la canapa e la cocaina, potrebbero essere definite delle leggere fitoterapie a fronte della grande varietà di droghe di sintesi che sono state messe sul mercato. Tutte queste sostanze, tra cui troviamo anche le famigerate benzodiazepine (gli ansiolitici per intenderci), hanno la medesima caratteristica. Tendono a stimolare i recettori che rispondono al piacere e a saturarne il lavoro. In parole semplici sono sostanze verso cui si sviluppa, in tempi per ognuno diversi, una certa “Tolleranza”. Ossia si è costretti ad assumerne in dosi maggiori per ottenere i medesimi effetti. A volte la dipendenza tossica e chimica si manifesta molto subdolamente, magari semplicemente riducendo il tempo che intercorre tra un’assunzione e l’altra ma lasciando il dosaggio inalterato.

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Nuove dipendenze

Oltre alle nuove sostanze di sintesi, il mercato ha scoperto che molte attività, comportamenti o sostanze lecite (come il cibo o i capi di vestiario) attivano ed eccitano le medesime aree cerebrali che vengono attivate dalle sostanze psicotrope. Eccole le nuove dipendenze, alcune note e alcune meno. Eccoli gli eserciti di giocatori ipnotizzati che camminano sottobraccio ai grattatori di gratta e perdi; a fianco a loro si scorgono gli sguardi eccitati di donne che acquistano scarpe on line sugli smartphone; intanto quegli stessi smartphone si incollano alle mani di tutti, si perché tutti siamo ormai dipendenti dalla connessione e l’iperconnessione sarà vitale come il battere del cuore. E poi ancora, mangiatori seriali, palestrati ipertonici; divoratori bulimici di serie tv su Netflix; esploratori della rete e videogamers. Tutti, e dico tutti, vittime del medesimo meccanismo ossia la dipendenza da una non sostanza.

Dipendenza senza sostanze

Allora diamo una definizione di dipendenza tossica o meno. Ci troviamo dipendenti da una sostanza o da una condotta ogni volta che quella sostanza o condotta si inflaziona. Il cervello, ingenuamente, facendo un’esperienza di piacere attraverso una specifica esperienza, procede in un errore di sovrageneralizzazione e inizia a ritenere che quella condotta possa essere una cura efficace per qualsiasi situazione. Come se, avendo scoperto il potere curativo della tachipirina decidessimo di utilizzarla come cura per il diabete, l’insufficienza renale, il cancro e così via. Questo meccanismo è tipico delle prime fasi di vita e lo notiamo anche nell’apprendimento del linguaggio, ad esempio un bambino può fare l’errore di pensare che tutti i papà abbiano lo stesso nome del suo papà. Dunque nella dipendenza è questo livello evolutivo che si affaccia. Un livello in cui speriamo di restare onnipotentemente capaci di sottrarci a qualsiasi tipo di sofferenza o mancanza. Ma questo stesso meccanismo è, al tempo stesso una salvezza. Si perché, nelle prime fasi di vita, la dipendenza dai genitori ci salva la vita. Ma anche la dipendenza dal cibo ci spinge a non allontanarci da una fonte di cibo. Insomma, come sempre ci insegna l’alchimia, il veleno è nella dose.

Dipendenza da eroina e dagli eroi

La parola eroina significa proprio quello che indica, ossia l’eroe. La droga ha quindi principalmente questa funzione, quella di renderci eroi, quella di renderci indistruttibili e capaci di vivere qualsiasi emozione col piglio degli dèi. È un po’ come quando si guarda un film epico, magari Troy o qualsiasi altro film d’azione. Nessuno si identificherà o sognerà di essere il vigliacco che scappa come Paride che si nasconde dietro le gonne del padre. No, piuttosto ognuno sogna di essere colui che si lancia in difesa degli oppressi o nel salvataggio dei propri cari. Ecco la droga ci illude di poter essere così, eroi, forti e protagonisti. Invece un percorso di crescita dovrebbe avvicinarci gradualmente alla nostra miserabile e mediocre normalità. Tutti siamo vigliacchi e la vigliaccheria in taluni casi può essere una risorsa, può salvarci la vita. Quindi, una volta compreso questo abbiamo individuato anche una possibile cura. La deeroicizzazione… Tra breve la spiegheremo.

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Dipendenza chimica e dipendenza psicologica

Quello che abbiamo detto ci chiarisce i due piani sui quali affrontare un problema di dipendenza, quello chimico e quello psicologico. Il corpo infatti trova uno specifico assetto con la chimica delle sostanze. Questo assetto richiede il suo tempo per essere rivisto. Non possiamo improvvisamente fare a meno di una sostanza, sia anche lo zucchero. Ogni sottrazione richiede un periodo di divezzamento. Ma con le droghe, naturali o di sintesi, gli effetti astinenziali sono veramente insostenibili. Questa insostenibilità potrebbe risultare anche con quei farmaci che abbiamo citato in precedenza, gli ansiolitici. Questa dipendenza chimica interessa anche, seppur in forma minore, la dipendenza senza sostanze. In questo caso gli effetti saranno minori ma assimilabili. Infatti si deve dare tempo al cervello di rinunciare a un circuito neuronale  del tipo stimolo-risposta, di fare a meno di quello stesso circuito. Questa fase richiede cautele mediche e psicologiche e nei casi più gravi, il ricovero in strutture che aiutino a compensare e contenere le condotte legate al craving, ossia alla compulsione furiosa di assumere di nuovo una certa sostanza o mettere in atto un certo comportamento. Un supporto psichiatrico è sempre ben accetto in questa fase.

Dipendenza psicologica

La dipendenza psicologica è invece la parte più perniciosa. Molte strutture promuovono una disintossicazione rapida e procedono con successo a questa disintossicazione. Eppure, nonostante il corpo sia stato riportato a un certo equilibrio, dopo aver superato l’astinenza fisica, spesso si tende a rimettere in atto i medesimi comportamenti. A volte si passa da una dipendenza con sostanze ad una dipendenza senza sostanze, a volte si cambia comportamento dipendente, si passa dai videopoker allo shopping compulsivo. Per ridurre l’impatto della condotta dipendente si deve procedere con cautela e mai, dico mai intraprendere una lotta diretta con la sostanza di elezione, piuttosto proteggersi da quella stessa sostanza.

Si crea una sorta di rituale di pensiero. Ogni volta che si affaccia un evento stressante il cervello si chiede se ha assunto quella sostanza o ha fatto il piccolo rito apotropaico. Dopo questo pensiero affronta lo stress. Il meccanismo di dipendenza psicologica è praticamente una sorta di ossessiva superstizione.

Droga Amante e dipendenza

Provate a pensare alla droga, che sia una sostanza chimica o una condotta dipendente, come ad un’amante che si insinua nella relazione tra due coniugi. Un amante vince sempre. Qualsiasi coniuge si voglia opporre non otterrà altro che più bugie e mai più fedeltà. Quindi è molto più saggio difendersi da quella stessa amante. Ma anche l’adultero o l’adultera vive quella stessa dinamica. Chiunque voglia smettere una relazione con un amante non potrà mai farlo di colpo. L’amante stessa si arrabbierebbe. Magari inizierebbe a perseguitare o a ricattare l’adultero allo stesso modo di uno strozzino. Magari minacciando di rivelare tutto a tutti. Insomma La complessità nel lasciare una dipendenza si mostra forte almeno quanto quella di chiudere una relazione con un’amante.

La tossicodipendenza e la dipendenza quali terapie

Alla luce di tutto questo direi che potremmo fare un breve elenco di parole che possono indicarci una via per la terapia:

Chimica

Strozzinaggio

Tolleranza

Sovrageneralizzazione

Eroismo

Ossessiva superstizione

Amante

Queste parole ci riassumono il fenomeno e ci indicano anche la via terapeutica da percorrere quindi riprendiamole rapidamente una per una al fine di meglio definire come si dovrebbe configurare un intervento di tipo psicoterapeutico. Ma prima solo un breve chiarimento.

La psicoterapia tende a ghettizzare la tossicodipendenza.

Il rapporto erotico tra un dipendente e la sua sostanza condiziona molto una psicoterapia. Questo perché la stanza della terapia dovrebbe divenire il luogo in cui si cerca di costruire una certa autenticità. Invece un paziente dipendente o tossicodipendente tenderà a nascondere un eventuale uso o ricaduta. Addiritttura potrebbe fare uso di una sostanza poco prima della seduta. Per questi motivi molti psicoterapeuti tendono a escludere questo tipo di situazioni e affermano di non seguire pazienti tossicodipendenti. Questo equivoco nasce da un fatto, ossia ritenere la dipendenza, una condotta pianificata piuttosto che un tratto di personalità. Per intenderci, nessun chiederebbe o obbligherebbe un paziente ansioso a stare calmo o un paziente depresso a essere felice. Ogni terapeuta si aspetta che il paziente ansioso abbia ansia prima e dopo la terapia, o che un paziente si deprima, anche durante la terapia. Invece si ha una intolleranza della dipendenza. Se si supera questo equivoco si dovrebbe ammettere che una sostanza o una condotta dipendente possano ricomparire di quando in quando. Se si procede così allora si supera la frustrazione, o meglio la si accetta come ingrediente di base della psicoterapia, e si procede. Ma andiamo avanti:

Dipendenza Chimica

Sulla chimica la psicoterapia non può che svolgere un lavoro di sostegno alle fatiche astinenziali. La psicoterapia deve necessariamente fare rete on il professionista medico e psichiatra e procedere a una ritmica e puntuale differenziazione dei sintomi astinenziali da quelli psicologici. Crampi, tensione, colon irritabile, insonnia, irritabilità si presentano molto prepotentemente e solo in una certa parte vanno a costituire il corredo psicologico con cui si deve lavorare. Per un’altra parte sono invece soltanto un effetto di rebound da sospensione. Nei casi più gravi una struttura residenziale può fare un contenimento e n sostegno più continuativo.

Dipendenza strozzinaggio

Lo strozzinaggio prosegue finché non si ammette la propria dipendenza. Un po’ come con gli usurai, solo accettando di rivolgersi alle forze dell’ordine si può chiudere il rapporto strozzato, ma questo comporta delle enormi fatiche. La psicoterapia deve quindi diventare il luogo in cui il paziente si accoglie nella sua dipendenza più o meno tossica, si accoglie non cercando di guarire a tutti i costi ma cercando di trovare un equilibrio alla luce della sua personalità dipendente.

Dipendenza e tolleranza

La tolleranza è la tendenza ad avere bisogno di dosaggi maggiori per avere i medesimi benefici da una sostanza o da una condotta. La psicoterapia deve dunque sviluppare una tolleranza della sofferenza come controaltare. La dipendenza è una generale fuga dagli aspetti spiacevoli della vita. Risulta intollerabile tutto ciò che attiene all’assumere la responsabilità di crescere. Si evita quindi di farlo per evitare le fatiche ad esso connesse. La psicoterapia è il luogo in cui si promuove un lento avvicinamento a queste fatiche evidenziandone il lato positivo e evidenziando le capacità del paziente di far fronte a queste fatiche.

Dipendenza e sovrageneralizzazione

La psicoterapia promuove inoltre una differenziazione a fronte della tendenza a cercare una panacea, una cura per tutto. La psicoterapia aiuta a rinunciare all’immaginario di una guarigione globale e all’immaginario di una cura per tuto, aiutando il paziente a conoscersi e a mettere a punto una strategia per individuare sostanze e condotte differenti per ogni singola parte della sua psiche.

Dipendenza ed eroismo

La rinuncia all’immaginario eroico, la rinuncia al controllo, l’accettazione della propria caducità, la riscoperta della vigliaccheria e della paura come risorse. Insomma accettarsi come normali essere umani è l’atto eroico a cui invita la psicoterapia.

Ossessiva superstizione

Basti qui dire che la psicoterapia aiuta a mettere a fuoco la propria tendenza a usare il pensiero magico e a eliminare l’ossessivo uso di condotte o sostanze attraverso la moltiplicazione delle relazioni e di pensieri. La psicoterapia educa in questo senso allo sviluppo di un pensiero creativo in luogo della tendenza generale a una certa fissità cognitiva. Un dipendente usa sempre la stessa strategia per affrontare qualsiasi evento. LA psicoterapia aiuta a mettere a fuoco strategie sempre diverse, la psicoterapia aiuta a sviluppare la capacità di inventare strategie.

Dipendenza da un amante

Infine direi che se ci si vuole congedare da una relazione ci vuole cautela. Emergeranno rabbia, rancore, angoscia, agitazione, depressione. Curarsi dalla dipendenza significa affrontare un vero e proprio lutto e richiede tutti gli accorgimenti che si devono prendere nel caso in cui si perda un caro congiunto. Ma aggiungerei che la difficoltà risiede nel fatto che questo lutto è autoinflitto, ossia che è come se fossimo noi stessi a uccidere quel cario congiunto. Che dire dunque? Calma, cautela e pazienza.

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Dott. Luca Urbano Blasetti

Psicologo Psicoterapeuta

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