Suicidio e Covid: falso allarme, facciamo chiarezza

Sul falso allarme suicidi covid-correlati

Di fronte ad alcuni allarmanti dichiarazioni sull’aumento dei suicidi legati alla pandemia, ho sentito l’esigenza, come professionista, di fare e proporre una riflessione sul tema. Ritengo che il bisogno di chiarezza e il bisogno di senso siano le prime esigenze a cui la psicoterapia deve rispondere, e questo è il mio personale contributo.

“L’impegno sociale a fornire prodotti del sistema medico rischia di distruggere le condizioni ambientali e culturali necessarie perché la gente viva una vita di costante guarigione autonoma… la salute tocca i suoi livelli ottimali laddove l’ambiente genera capacità di far fronte alla vita in modo autonomo e responsabile…Oltre una certa misura critica, la tutela della salute equivale a una negazione sistematica della salute”.

(I. Illich)

La frase di Illich risale al lontano 1974, allora vedere oggi in rete titoli che citano un aumento di sucidi che hanno come “causa provata” la Pandemia, lo trovo fuorviante, errato e anche non terapeutico. Mi sorprende che siano a volte anche gli psicologi a fare, o condividere, affermazioni così assolutiste, e mi chiedo il perché. La ricerca in psicologia rischia così di sembrare un divertissement sondaggistico. Dunque qui segue il mio parere professionale in qualità di Psicologo-Psicoterapeuta chiarendo, da subito, che si tratta di un parere che va messo in relazione con gli altri pareri e che vuole contribuire a una sana informazione: Lo scopo è sfuggire all’infodemia, che rischia solo di alimentare panico ingiustificato. Dare senso e informazioni ragionevoli è il modo con cui aiutiamo a non aver bisogno della psicoterapia e, come professionisti sanitari, siamo chiamati a questo impegno, a meno che il nostro obiettivo non sia l’opposto.
Partiamo quindi da una prima considerazione:

  • Nessun suicidio, per quanto talvolta siano evidenti i fattori ambientali che ne possano costituire un elemento istigatore, può essere attribuibile ad un unico fattore ambientale o ad un unico fattore psicologico.

Tantomeno può esistere una verifica empirica di quale sia la causa unica di un evento suicidario senza restare ragionevolmente nel dubbio. Insomma tutti i suicidi faticano a trovare una loro causa unica, efficiente e sufficiente. Direi piuttosto che le condizioni ambientali stressanti che potrebbero portare a tentativi di suicidio in alcuni, possono, in altri, essere la fonte di un’evoluzione profonda. Dunque affermare che, dal Covid in poi, si è registrato un determinato numero di suicidi la cui causa provata è la pandemia è quanto mai improprio e inesatto. Almeno quanto è inesatto affermare l’opposto, e qui giungerei al secondo punto.

El suicidio de Séneca – Manuel Domínguez Sánchez

  • Potremmo, infatti, concentrarci su cosa la Pandemia potrebbe aver scongiurato in termini psicologici. Così potremmo plausibilmente ipotizzare che il covid abbia salvato matrimoni, ridotto l’ansia negli ipocondriaci, o, magari, salvato dal suicidio chi stava fallendo con la sua azienda già prima del covid? Insomma è difficile stabilire rigorosamente le dinamiche e gli effetti della pandemia su ogni singolo individuo che porta con se una storia, un’identità e una personalità, una rete sociale ecc. Dunque l’equazione Covid = aumento dei suicidi è decisamente azzardata e rischia di favorire gli immaginari suicidari più di quanto riesca a salvare dai suicidi. Non si hanno prove degli eventi scongiurati dal Covid, ma nella esperienza professionale di chi scrive non mancano proprio effetti opposti come una ridotta ideazione suicidaria in alcuni pazienti, o una separazione mancata in alcune coppie che hanno ritrovato sentimento con il lockdown o, più in generale, un maggior equilibrio nei disturbi di personalità. Questo non ci esime dal condividere che in tal altri casi la Pandemia abbia favorito una sofferenza psicologica. Certamente è solo l’esperienza di un singolo psicoterapeuta e non va generalizzata ma tant’è.
  • Una terza considerazione la farei dunque su come arrivano le notizie. Lo scopo di questo scritto è proprio di suggerire come reperirne senza essere stressati. Dunque direi che le notizie, oggi come ieri, sono di tre tipi, ossia quelle che ti vengono a cercare, quelle che ti vai a cercare e quelle che ti vengono a cercare mentre ne stai cercando altre. Ecco se noi riuscissimo a filtrare l’infodemia dalle prime e dalle ultime, probabilmente riusciremmo a contenere buona parte degli effetti psicologici della pandemia.

Inoltre l’infodemia funziona secondo criteri di allarmismo e panico, che sono anche utili a vendere uno sciroppo in più dopo il tg se sono bravi a tenerci agganciati allo schermo. Questi stessi criteri sono quelli che ci spingono a escludere i non eventi dagli eventi. Insomma un non suicidio non fa notizia mentre un suicidio si. Quindi non potremmo mai sapere la reale incidenza psicologica del covid sui suicidi.

Il circo – Mimmo Rotella

Il covid non genera patologie psicologiche ma le evidenzia

  • Sindrome da Pandemia e lockdown? Più in generale la situazione che stiamo vivendo è una situazione di stress psicologico e fisico. Ogni situazione di questo tipo agisce sul soma, sul corpo, mettendone in evidenza le fragilità (pensate all’ormai nota dicitura “con patologie pregresse”) ma, contemporaneamente, produce il medesimo effetto sulla psiche. Questo significa che, a parità di condizioni ambientali, la pandemia può essere uno stressor di troppo in chi aveva già una certa tendenza all’ideazione suicidaria, o in chi era già un soggetto depresso, ansioso, paranoico, psicosomatico, dipendente ecc. Ma non può di per se costituire causa della fragilità. Il perché con tanta facilità si giunga a conclusioni così estreme andrebbe ricercata proprio da chi porta dati che sono di facile appeal, poiché allarmanti, ma che sono troppo poco confermati. Parafrasando Illich, dunque, la continua pubblicizzazione degli sportelli d’ascolto psicologico potrebbe di per se costituire causa di stress psicologico più di quanto non costituisca una risorsa e un sostegno.

Insomma in assenza di sintomi nessuno va dal dottore e parimenti invito a fare con la psicologia e la terapia. Avete paura, abbiamo paura, qualche grido in più qualche lacrima in più… Fin quando non ci sono elementi in più, direi che possiamo dire che è tutto qui.

Sindrome da Covid, da capanna

Dunque ognuno di noi, a seconda dell’esposizione a eventi stressanti, covid correlati o meno, mostrerà ansia e agitazione, irritabilità e aggressività più pronunciata, il tutto con l’alternarsi di momenti di umore depresso e mancanza di interesse rispetto alla consuetudine. L’isolamento può favorire uno stile di pensiero più ossessivo che finisce per farci ridondare su notizie uguali a se stesse fino ad accrescere la preoccupazione e la paranoia. La conseguenza è la tendenza alla ricerca compulsiva di informazioni ma non in un ottica di senso ma allo scopo di confermare la paranoia. L’infodemia, ossia il proliferare di informazioni con fonti inattendibili, segue la logica dell’allarmismo e quindi alimenta il circuito di stress. L’infodemia è alla base della paranoia. Sarebbe quindi opportuno scegliere un tg al giorno e niente di più. Cercate le informazioni e bandite quelle che giungono autonome.

L’isolamento non aiuta il pensiero

L’isolamento inoltre ci impedisce di interrompere il circuito di pensiero ruminante favorendo le fantasie infauste legate a mortalità, ansia, suicidio, paranoia ecc. La notte la qualità del sonno si ridurrà. Insomma nulla che non possa essere affrontato con buon senso e con affetto verso se stessi. Occuparsi di se stessi è la soluzione più efficace. Per occuparsi di se stessi è sufficiente imparare qualcosa di nuovo (Questo lo diceva niente meno che Mago Merlino a Re Artù); restaurare qualcosa, fare attività sportiva o scrivere ma l’elenco è infinito e non lo hanno gli psicologi. Quindi, così come non dobbiamo correre nei Pronto Soccorso con un po’ di raffreddore, suggerisco di non invocare la psicoterapia a tutti i costi. Ma questo non per non ingorgare gli studi degli psicologi che, tutto sommato, non vedono l’ora, ma per non ingorgare le vostre anime. La maggior parte delle cure di cui abbiamo bisogno il corpo le conosce già, l’anima non ne conosce la maggior parte ma la totalità. Buona clausura.

Dott. Luca Urbano Blasetti

Psicologo Psicoterapeuta

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